Su quest’isola vulcanica al largo di Napoli, abbiamo cercato di capire come si dia nuova vita a un certo patrimonio agricolo. Tra limoneti secolari, uliveti a terrazze e cantine scavate nella roccia, una nuova generazione di agricoltori si attiva per far rinascere i saperi e inserirsi nella sostenibilità.
Incontro con Gaetano Villa Spadara e Giovannangelo De Angelis, due amici che plasmano il futuro dell’agricoltura a Ischia.
I limoneti di Gaetano, patrimonio dell’isola
Una fattoria nel cuore di Ischia
Gaetano Villa Spadara è un giovane agricoltore appassionato della terra. La sua fattoria biologica e di famiglia, tra limoneti, vigneti e ulivi, è fuori dal tempo. Si passeggia nei bei viali disegnati dai suoi alberi da frutto, con all’orizzonte ora il mare ora la montagna.
Lo incontriamo a ovest dell’isola, non lontano da Forio, in una zona vulcanica dai paesaggi accidentati. La sua fattoria è stata trasmessa da diverse generazioni e convertita all’agricoltura biologica da oltre vent’anni.
La proprietà si estende su circa sette ettari, di cui due ettari e mezzo di limoneti, altrettanti di vigneti, e appezzamenti di pomodori, insalate, olive, fichi e altri agrumi. Il tutto organizzato in terrazze di pietra.
“100 anni fa, l’isola era coperta di vigneti, non c’era un albero, non c’era foresta. Tutta la montagna era lavorata a mano, pietra dopo pietra.” ci informa indicando la montagna che si estende sopra di noi.

Un’agricoltura a misura d’uomo e senza prodotti chimici
In casa dei Villa Spadara, l’agricoltura viene praticata in modo artigianale e biologico, con un forte legame al suolo e al ciclo naturale delle piante. Gaetano non usa pesticidi per i limoneti, e solo un po’ di zolfo naturale per le viti.
Il fertilizzante (\”concime\” in italiano), lo produce lui stesso, a partire dalle potature triturate in loco.
Questo approccio, avviato da suo padre più di due decenni fa, si basa su una visione della terra come un organismo vivente. Non si tratta solo di produrre, ma di convivere in modo intelligente con le piante, i cicli climatici, le malattie.
“Ma oltre alle certificazioni, mio nonno praticava già il biologico, senza saperlo” precisa.
Il limone Zagara Bianca, tipico di Ischia
Gaetano coltiva principalmente una varietà locale di limone: il Zagara Bianca, tipica di Ischia.
Un frutto dal profumo intenso, molto succoso, ideale per il limoncello, i gelati, la pasticceria — o semplicemente da mangiare crudo, con un po’ di sale.
Lo raccoglie due volte all’anno, anche se una delle due fioriture produce frutti più piccoli. Grazie alla sua buccia spessa e alla ricchezza di oli essenziali, questo limone può conservarsi fino a un mese senza refrigerazione, al riparo dalla luce e dagli altri frutti.

Un territorio tra vulcano, foresta e terra umida
La fattoria è un vero e proprio patchwork geologico, attraversato da strati di rocce diverse: pietra vulcanica nera, roccia verde tipica di Ischia, terreno sabbioso o argilloso a seconda delle zone. In alcune parcelle si trovano persino sorgenti di acqua calda che risalgono naturalmente dal sottosuolo.
“Scavando un po’, si può trovare acqua a 60 o 70 gradi. La uso per i pomodori e le insalate. Ma i limoni e l’uva non vengono irrigati. Si arrangiano con la pioggia.”
Questa diversità dei suoli crea altrettanti microclimi, che influenzano la produzione e la qualità dei frutti. È anche ciò che rende l’agricoltura locale così unica e così complessa da padroneggiare.
Antichi saperi, un patrimonio da preservare
Lungo un sentiero, Gaetano ci fa visitare le antiche cantine di vinificazione: grandi ambienti voltati scavati nella roccia, dotati di vasche per pigiare l’uva (i famosi palmenti), torchi a leva (torchio) e ingegnosi sistemi di evacuazione verso le botti.
Queste cantine, abbandonate dalla Seconda Guerra Mondiale, testimoniano un passato in cui Ischia produceva vino in grande quantità, esportato fino a São Paulo, Buenos Aires e New York.
“Tutti a Ischia facevano vino. E buono! Producevamo qui tanto quanto in Friuli, al nord. Oggi do le mie uve alla cantina Mazzella, che produce un vino biologico: l’Enaria, un omaggio al nome antico dell’isola.” racconta.

Resistere ai cambiamenti climatici
Nonostante l’aspetto di un Giardino dell’Eden con il mare azzurro sullo sfondo, la situazione non è idilliaca. Come molti agricoltori biologici, Gaetano affronta sfide climatiche e sanitarie sempre più dure. Piogge torrenziali in una notte, venti violenti, nuove malattie, fioriture interrotte di netto…
“Prima, il clima era prevedibile. Oggi tutto cambia da un giorno all’altro. C’è il sole, poi piove, poi di nuovo il sole… È molto duro per le piante. Non abbiamo più un ritmo.”
In questo contesto incerto, continua però a piantare, sperimentare, diversificare le sue colture — limoni, uva, pomodori, fichi, melograni, bergamotto, aranci — con la stessa volontà: trasmettere una terra viva e fertile ai suoi figli.


La rinascita dell’olio extravergine di Ischia
Riscoprire un tesoro dimenticato
Abbiamo anche incontrato Giovannangelo De Angelis, presidente di una giovane associazione locale, che ridà vita alle varietà endemiche dell’isola e al suo patrimonio agricolo.
Sull’isola d’Ischia, nota per i suoi vigneti e le sue terme, l’olio d’oliva è stato a lungo relegato in secondo piano. Eppure, gli ulivi crescono lì da oltre 2700 anni, introdotti dai Greci. Giovannangelo De Angelis, architetto e appassionato di agricoltura, ha deciso di cambiare le cose.
È all’origine di Oroverde – l’Olio d’Ischia, un’associazione locale che vuole rimettere l’olio extravergine d’oliva al centro della cultura agricola dell’isola. Con una ventina di piccoli produttori, riscopre e valorizza ulivi antichi, alcuni dei quali possiedono varietà endemiche, mai catalogate fino a ora.
Produrre meno, ma meglio
I membri di Oroverde coltivano piccoli appezzamenti: 40 ulivi qui, 200 là. Ma la loro pratica è esigente. Imparano a identificare i difetti, a spremere a freddo, a riconoscere un vero olio extravergine.
“Un vero extravergine, senza difetti, ricco di polifenoli, è un farmaco”, insiste Giovannangelo.
Oggi la loro produzione è ancora modesta, spesso condivisa tra amici. Ma gli chef locali sono già interessati, attratti dall’idea di un prodotto autentico, tracciabile e locale.
Un’isola, un olio, una visione
Oltre all’olio, Oroverde vuole anche restaurare le terrazze agricole incolte e promuovere pratiche come la permacultura e l’agroforestazione. L’idea? Ridare senso a un paesaggio in declino e creare un’economia locale sostenibile, in connessione con l’agriturismo.
“Abbiamo tutto: gli ulivi, i paesaggi, il saper fare. Basta crederci e rimettersi al lavoro.” concluse Giovannangelo.


